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mercoledì 21 maggio 2025

NOI, LA STRAGE, I BOY-SCOUT. E una storia che continua a sorprendere

 Coppie di sposi mano nella mano, giovani di ogni rango seduti dietro a boccali di birra o coca, ragazzotti con gli scatebord a fare improbabili evoluzioni su e giù per le panchine di cemento, bambini trainati da cani al guinzaglio e altri a spasso con pupazzi storditi da caldo e confusione mentre in sottofondo una band mandava nell'aria la forte voce di un finto Bertoli. Era quanto stava accadendo SABATO 17 MAGGIO, ALLE 16.30 su quella vasta piattaforma di cemento stesa dove un tempo facevano bella mostra carote, ortaggi, frutta (l'ex mercato ortofrutticolo di via Fioravanti) ed ora ha preso l'appellativo di "Piazza L. Dalla".

  E mentre fuori accadeva questo, dentro la piccola saletta del Centro "Katia Bertasi", nella ludoteca, trenta ragazze e ragazzi dell'Agesci di Rimini 

hanno voluto incontrare Paolo Lambertini ed il sottoscritto per avere una conoscenza più approfondita su quanto accadde a Bologna il 2 agosto 1980, giorno della strage alla stazione.

  Paolo Lambertini ora riveste la carica di vice-Presidente dell'Associazione tra i Famigliari delle Vittime della strage alla stazione di Bologna. Il 2 agosto 1980 perse la mamma, Mirella Fornasari, dipendente della Cigar, la ditta che si occupava della ristorazione nella stazione di Bologna ed insieme a lei morirono altre sue cinque colleghe.

 Paolo è stato bravo nel ricostruire dettagliatamente origine, sviluppi e realizzazione di quel complotto stragista che portò alla morte 85 persone e ne feri' oltre duecento. La storia dell'eversione, del terrorismo di Ordine Nuovo, Ordine Nero, dei Nar e le vicende dei terroristi e dei depistatori, dei mandanti e dei complici, di Mambro e Fioravanti, Gelli e tanti altri che "violentarono" la Costituzione per idee ispirate a quella dittatura sconfitta dalla Resistenza. Ma anche la storia delle vittime, della risposta di una città, della gente che aiutò I soccorsi e di chi dette il meglio di sé per aiutare ed allo stesso tempo reagire a quella violenza. 

Anche il mio racconto di che cosa fu un autobus, quel "37" che viaggiava per le strade della città, con quel triste carico di persone a cui venne tolto il diritto alla vita.

  È stato veloce il tempo. Ci siamo confrontati ed un po' di commozione ha preso il sopravvento. Paolo ed io abbiamo sentito la loro impreparazione, di fronte ad una storia per loro troppo grande e lontana. Ma chi vestiva quelle divise da Boy-Scout ci ha aperto la porta della loro voglia di conoscenza e questo, oggi, è importante e non scontato. 

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