Lavoratori in lotta per ottenere i loro diritti e giovani che avranno presto a che fare con la ricerca di un lavoro, diritto non sempre facile da ottenere.
Un piccolo corteo di ragazze e ragazzi mescolato al grande e colorato corteo che risaliva via Indipendenza, a Bologna.
Giovani con la voglia (giusta) di divertirsi insieme a uomini e donne che portavano nei volti la preoccupazione per le difficoltà che affrontano giorno dopo giorno. Le loro chiacchiere scherzose che si mescolavano agli slogan dei manifestanti.
E' stato così, con questo quadro di insieme - lavoratori in sciopero generale e studenti venuti per una lezione di storia - che oggi abbiamo incontrato altri ragazzi e ragazze per continuare a spiegare e raccontare loro la storia della Strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Studenti provenienti da Imola, impegnati a seguire i loro corsi presso l'IIS CIOFS di via Pirandello da cui usciranno - almeno quelli che abbiamo avuto con noi oggi - come futuri elettricisti/e o come future/i estetisti. Una trentina, due classi di 3a accompagnati dalle loro tre professoresse e da due professori, arrivati in treno e puntualmente incontratisi con Rossella Ropa (docente di storia) e con me proprio di fronte a quel muro giallo, a quella breccia che fronteggia il binario numero uno della Stazione Centrale e che ricorda l'ala che ospitava la sala d'aspetto di seconda classe distrutta dalla bomba piazzata dai terroristi neri quarantaquattro anni fa.
Lì, esternamente e davanti a quei segni che ricordano la distruzione di un luogo e l'uccisione di 85 innocenti e poi dentro, davanti a quella lapide di marmo che porta i loro nomi, i loro anni, quella lista che non finisce mai di essere lunga e che diventa impressionante per le tante storie che nasconde, vite spezzate di bimbi, giovani, uomini e donne, famiglie intere, lì Rossella - una delle nostre docenti che ha il compito di accompagnare gli studenti dentro quella lontana storia - li ha intrattenuti raccontando particolari di un attentato, dei segni che lo ricordano, di chi lo commise, di chi vi fu ucciso.
E poi ancora con loro nella grande sala del Comune dove l'ascolto della mia testimonianza li ha - o almeno è ciò che spero - aiutati a capire l'importanza di reagire, aiutare, soccorrere, rispondere così ad un gesto vile ed immotivato, un gesto dettato solo dalla bramosìa di potere e dalla volontà eversiva di coloro che stavano accanto e/o alle spalle di quei ragazzotti violenti dei Nar, ispirati da una ideologia neofascista che materialmente misero la bomba e la fecero esplodere. Il racconto e l'emozione, i miei ricordi di quel giorno alla guida dell'autobus della linea 37, il rispetto di quei corpi straziati che portai nel loro ultimo viaggio.
Dai volti e dai silenzi degli studenti imolesi sia Rossella che io abbiamo avuto la dimostrazione che questo nostro incontro di oggi non è stato invano. La scuola non insegna molto di quanto accadde a Bologna. Dobbiamo farlo noi testimoni, le nostre docenti Rossella e Cinzia Venturoli e con noi c'è sempre il grande contributo dell'Associazione tra i Famigliari delle Vittime, i suoi componenti pure loro testimoni di quel giorno e che i giovani di tante scuole hanno imparato a conoscere, rispettare e capirne le sofferenze.
Il tempo è passato velocemente. Da quella sala siamo usciti. Fuori, nella grande Piazza, ancora una marea di bandiere, ancora una moltitudine di gente che chiede, esige, di essere rispettata nei diritti. Lo sciopero generale è questo: persone che chiedono rispetto, diritti e giustizia! E i nostri trenta ragazze e ragazzi forse non si sono resi conto che uscendo dal voltone del palazzo del Podestà hanno mescolato il loro futuro a quello di tanti altri. Forse l'unica differenza è che per alcuni c'è una speranza mentre per gli altri solo incertezze e preoccupazioni.
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